Tessera R.S.I. P.F.R. Gatteschi Fondelli Comandante S.A.F. Servizio Ausiliario Femminile, unica!
Tessera del Partito Fascista Repubblicano di Piera Gatteschi Fondelli, Generale comandante il Servizio Ausiliario Femminile (SAF) della Repubblica Sociale Italiana…
Descrizione prodotto
Tessera del Partito Fascista Repubblicano di Piera Gatteschi Fondelli, Generale comandante il Servizio Ausiliario Femminile (SAF) della Repubblica Sociale Italiana.
La tessera, emessa dal Fascio Repubblicano di Brescia nell’anno XXII E.F. (1944) con numero d’ordine N°034918, presenta una fotografia in abiti borghesi della Generale Piera Gatteschi Fondelli (1902-1985), autenticata da timbro a secco, e la sua firma sul pannello sinistro, assieme a un timbro a inchiostro dell’Ispettorato Provinciale Gruppo Femminile Fascista Repubblicano. Sul pannello destro, oltre ai dati personali, degne di nota le due date di iscrizione “della prima ora” al Partito Fascista: al PNF, già nel marzo 1921, e al PFR il 18 settembre 1943. Sul retro, timbro a inchiostro del Gruppo Femminile del PFR di Como e firma del segretario del Fascio locale e ulteriore firma di altro funzionario per rinnovo per l’anno XXIII E.F. (1945).
Un pezzo da museo, un documento unico di una delle personalità femminili più importanti della R.S.I. e del ‘900: la tessera del P.F.R. dell’unico Generale comandante donna italiano nel secondo conflitto mondiale!
Epoca | 1944 |
Nazione | Italia |
Rarità |
(La Generale Piera Gatteschi Fondelli)
Di seguito, un significativo ricordo della Generale Gatteschi Fondelli stilato da Anna Maria Isastia:
“E’ l’unico generale di brigata donna, ma è rimasta nella memoria di chi le è stata vicina soprattutto per il suo fascino, la sua eleganza, il suo coraggio e il suo entusiasmo.Piera nasce a Poppi in Toscana all’inizio del Novecento, in una di quelle belle famiglie allargate di una volta. Suo padre muore prima della sua nascita; tuttavia la bambina ha un ottimo rapporto con la mamma con la quale si trasferisce a Roma alla vigilia della grande guerra. Le vicende del dopoguerra la coinvolgono a tal punto che, fin dal 1921, si iscrive al Fascio di combattimento di Roma; il 19 ottobre 1922 prende parte al congresso che si svolge a Napoli e il 28 ottobre la ventenne Piera è a capo di un gruppetto di venti donne che formano la “squadra d’onore di scorta al gagliardetto” e con loro partecipa alla Marcia su Roma.
Le sue doti organizzative la portano a diventare ispettrice della Federazione dell’Urbe, occupandosi dell’Opera nazionale maternità e infanzia, della Croce Rossa, delle colonie estive. Ma sulla politica prevale l’amore: nel 1936 lascia tutto per seguire in Africa l’ingegner Mario Gatteschi che ha sposato e che dirige i lavori della strada Assab-Addis Abeba.
Quando, tre anni dopo, rientra in Italia, Mussolini la nomina Fiduciaria dei Fasci femminili dell’Urbe che conta 150.000 iscritte. Nel 1940 diventa ispettrice nazionale del partito. Caduto il fascismo, Piera si rifugia dai suoceri, nel Casentino, mentre il marito, tornato in Africa come combattente, è in Kenia prigioniero degli inglesi.
Ma non è da lei nascondersi e stare in disparte: quando viene informata che Mussolini è stato liberato e ha fondato la Repubblica sociale italiana nel Nord, Piera si trasferisce a Brescia e avvia una nuova collaborazione con Alessandro Pavolini, il segretario del partito. Qui, alla fine del 1943, la Gatteschi manifesta al Duce il desiderio delle donne fasciste di avere un ruolo più incisivo nella difesa del paese.
Il 18 aprile 1944 nasce il Servizio Ausiliario Femminile (Saf) nel quale affluiscono giovani donne di tutte le condizioni sociali. Il regolamento voluto da Piera, nominata generale di brigata, è rigido: niente pantaloni, niente trucco, niente fumo, nessuna concessione al cameratismo. La Gatteschi vuole che nessuno pensi alle sue ragazze come a delle esaltate o le ritenga di facili costumi: patriottismo e moralità sono le basi su cui intende costruire la nuova realtà delle donne soldato che però vuole molto femminili. «Non volevo un esercito di amazzoni» dirà molti anni dopo «ma di ausiliarie, di sorelle dei combattenti». Le ausiliarie prestano assistenza infermieristica negli ospedali militari, lavorano negli uffici e alla propaganda, allestiscono posti mobili di ristoro per la truppa.
Nell’arco di dodici mesi 6.000 giovani donne partecipano ai sei corsi di addestramento, che si svolgono prima a Venezia e poi a Como; soltanto dopo venivano assegnate ai Comandi.
Dopo il 25 aprile 1945 il Saf si dissolve e Pavolini suggerisce di distruggere tutta la documentazione per evitare vendette. Piera cerca di mettere in salvo le sue ragazze, ma lei stessa vive in clandestinità per circa un anno, prima in un convento, poi in un manicomio, trasferendosi successivamente in Abruzzo con il marito, nel frattempo tornato dalla prigionia e che morirà nel 1947-A lei resta la nipote Teresa Tirinnanzi, che aveva perso entrambi i genitori e che considera una figlia. Negli anni Sessanta si dedica all’organizzazione di viaggi turistici per i giovani del Movimento sociale italiano. Legge molto, ha una vasta cultura ed è appassionata di pittura. Tenta anche la gestione di un ristorante ma senza successo.
Quando muore, nel 1985, Mia Pavolini, che era stata la più giovane ausiliaria della Rsi, scrive: «Se la vita è movimento, lotta, delusioni, entusiasmo, fede, tenerezza, rabbia o dolore, interessarsi a tutto, sapersi meravigliare, estasiare, commuovere, e saper capire ed aiutare con amore, saper ridere e saper piangere, se tutto ciò è vita, tu eri la vita».
IL SERVIZIO AUSILIARIO FEMMINILE – SAF
Unico corpo militare femminile che la storia italiana ricordi, il Servizio Ausiliario Femminile nasceva ufficialmente in data 18 aprile 1944, con il Decreto Legge n° 447 del Duce. Il SAF aveva piena autonomia disciplinare e di impiego pur contando sull’appoggio del PFR per quanto riguardava la parte organizzativa.
Prima del SAF erano stati numerosi i gruppi di donne che, spontaneamente, avevano affiancato i ricostituiti reparti militari; a Roma quello che poi costituì il nucleo della Decima Mas, a Torino quello della prof.ssa Bardia poi aggregato alla Confinaria, a Piacenza, a Treviso e in quasi tutti i centri maggiori.
L’ONB aveva iniziato ad organizzare un corso per ragazze dai 14 ai 18 anni. In soli tre mesi, grazie anche alla tenacia ed all’energica azione della comandante del SAF, il Generale Piera Gatteschi Fondelli, la nuova organizzazione poté essere in grado di inviare i primi gruppi di “Ausiliarie”, preparate ai compiti richiesti dalle Forze Armate, ai reparti in linea sui vari fronti.
Le donne del SAF furono impiegate presso le divisioni rientrate dalla Germania, i reparti autonomi, la GNR, l’Aeronautica, la Marina, le Brigate Nere e furono dislocate nei posti più pericolosi dei fronti o nei posti di ristoro interni, sempre sotto l’incubo delle imboscate e dei bombardamenti aerei e terrestri.
I compiti affidati alle Ausiliarie consistevano in impieghi di supporto, quali telefoniste ed impiegate, ma anche di infermiere e addette alla difesa contraerea.
Le Ausiliarie furono istruite all’uso delle armi, che però non ebbero in dotazione, mentre nella Xa, nella Muti e nelle BBNN, alcune volte parteciparono, spesso armate, anche ad azioni militari e di antiguerriglia.
In tutti i posti dove le Ausiliarie furono distaccate, esse seppero guadagnarsi la stima e il rispetto dei comandi militari per il senso di abnegazione e di lealtà alla causa che, in tutto il periodo bellico, mai abbandonarono, andando incontro al loro triste destino nei giorni immediatamente successivi alla fine delle ostilità, quando molte dovettero subire violenze e soprusi o, nei casi peggiori, la morte.
Il Comando del SAF cessò di esistere la notte del 25 aprile 1945 presso il Comando Generale di Como.
(da: Carlo Cucut, Le FFAA della RSI – Forze di terra, Trento 2005)
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